MISURE CAUTELARI PERSONALI - Cass. pen. Sez. V Ordinanza, 02-11-2017, n. 51068

MISURE CAUTELARI PERSONALI - Cass. pen. Sez. V Ordinanza, 02-11-2017, n. 51068

Deve essere rimessa all'attenzione delle Sezioni Unite la soluzione della questione: "se la modifica dell'art. 613 c.p.p., in combinato disposto con quella dell'art. 571 c.p.p., che ha escluso la possibilità di ricorso personale dell'imputato avverso le decisioni di merito, debba essere interpretato estensivamente - e cosi riguardare anche la preclusione all'impugnativa personale avverso le decisioni cautelari - ovvero se tale soluzione sia da escludere, tenuto conto che l'art. 311 c.p.p., che tale possibilità prevede espressamente, non è stato toccato dalla riforma".Cass. pen. Sez. V Ordinanza, 02-11-2017, n. 51068

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUMO Maurizio - Presidente -

Dott. GUARDIANO Alfredo - Consigliere -

Dott. MICHELI Paolo - Consigliere -

Dott. MOROSINI E. - rel. Consigliere -

Dott. AMATORE Roberto - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

A.M. nato il (OMISSIS);

avverso l'ordinanza del 25/07/2017 del TRIBUNALE di CALTANISSETTA;

sentita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Elisabetta Maria Morosini;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Corasaniti Giuseppe, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso;

udito il difensore, avvocato Giuseppe Claudio Costa, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con l'ordinanza impugnata, il Tribunale di Caltanissetta, in funzione di giudice del riesame, ha respinto l'appello proposto dall'imputato A.M., avverso l'ordinanza del Tribunale di Enna, con la quale era stata rigettata la richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari. Il titolo cautelare era relativo ad un tentativo di furto pluriaggravato, reato in relazione al quale il ricorrente era stato riconosciuto colpevole, in primo grado, riportando una condanna alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione.

2. Avverso il provvedimento l'imputato, personalmente, propone ricorso in data 31 agosto 2017, articolando due motivi.

2.1 Con il primo, lamenta l'illogicità della motivazione sotto diversi profili: il Tribunale a) avrebbe ritenuto ininfluente il decorso del tempo ai fini della modifica della misura cautelare al contrario di quanto avrebbe invece deciso in altri procedimenti a carico di altri soggetti; b) avrebbe invocato il "giudicato cautelare" in modo improprio, posto che non si discuterebbe dell'insussistenza dei presupposti di cui agli artt. 273 e 274 c.p.p., ma soltanto dell'affievolimento delle esigenze cautelari, c) non avrebbe tenuto conto nè della circostanza nuova rappresentata dal parere favorevole espresso dal Pubblico Ministero, nè del rapporto tra l'entità della pena infitta e quella presofferta, pari a un terzo.

2.2 Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia il vizio di omessa motivazione in merito alla richiesta, avanzata in via subordinata, di concessione di permessi di uscita giornalieri per provvedere alle proprie esigenze di vita quotidiana.

Motivi della decisione

1. Il ricorso deve essere rimesso alle Sezioni unite.

2. La decisione del ricorso impone infatti, in via pregiudiziale, di verificarne l'ammissibilità in quanto si tratta di ricorso sottoscritto personalmente dall'imputato, presentato il 31 agosto 2017, quindi nel vigore della L. 23 giugno 2017, n. 103 di riforma del sistema penale.

In forza della citata riforma, gli artt. 571 e 613 c.p.p. sono stati modificati in maniera tale da escludere la facoltà per l'imputato di proporre personalmente ricorso per cassazione.

Nell'art. 571 c.p.p., comma 1, che disciplina, in generale, l'impugnazione dell'imputato, prima delle parole "l'imputato può proporre impugnazione personalmente o per mezzo di un procuratore speciale" è stato inserito l'inciso "salvo quanto previsto per il ricorso per cassazione dall'art. 613, comma 1".

Dall'art. 613 c.p.p., comma 1 è stato espunto l'inciso iniziale "Salvo che la parte non vi provveda personalmente", di talchè la norma, nella attuale formulazione, recita: "L'atto di ricorso, le memorie e i motivi nuovi devono essere sottoscritti, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell'albo speciale della Corte di cassazione".

3. Nel caso in esame si verte in materia di misure cautelari personali.

Occorre pertanto stabilire se, anche dopo la riforma, permanga inalterata - o meno - la legittimazione riconosciuta all'imputato di proporre personalmente ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 311 c.p.p., norma cui la legge di riforma non fa esplicito riferimento.

4. In proposito, la sezione sesta di questa Corte ha affermato, con una recente pronuncia, che va riconosciuta "valenza universale" al principio della rappresentanza tecnica in cassazione (Sez. 6, n. 42062 del 13/09/2017, Lissandrello).

4.1 Il caso deciso afferiva a un ricorso per cassazione proposto personalmente dall'imputato avverso una sentenza che aveva disposto la consegna ad una autorità straniera, in forza di mandato di arresto Europeo.

La sesta sezione ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso, sul presupposto del difetto di legittimazione personale dell'imputato, a mente del "nuovo" art. 613 c.p.p., che ha quindi abrogato la L. n. 69 del 2005, art. 22, il quale attribuiva all'interessato la facoltà di presentare ricorso avverso le decisioni in materia di consegna.

4.2 La pronuncia in questione muove dal principio secondo cui il "nuovo" art. 613 c.p.p. ha mutato natura, passando da una funzione meramente ricognitiva a una costitutiva, tanto da assurgere a norma di esclusione generale della sottoscrizione personale del ricorso per cassazione.

4.3 Si è dunque ritenuto che, in tale situazione, l'obbligo della rappresentanza tecnica operi con riferimento a tutte le ulteriori ipotesi, codicistiche ed extracodicistiche, di ricorso per cassazione e - dunque - per i ricorsi in materia di estradizione, misure di prevenzione, esecuzione penale, sorveglianza, fino ad abbracciare anche il regime impugnatorio delle misure cautelari personali.

5. Ritiene tuttavia questo Collegio che, con riferimento all'ultimo profilo, sia ben possibile una diversa (e più corretta) opzione ermeneutica, sulla base di un attenta lettura della stratificazione normativa sopra descritta ed avuto riguardo al particolare regime (tempi e modalità) delle impugnazioni de libertate, nel senso che, pur nel vigore della nuova disciplina, deve ritenersi tuttora ammissibile il ricorso personale dell'imputato (o indagato a seconda della fase processuale) avverso provvedimenti in materia di misure cautelari personali.

5.1 A favore della soluzione proposta milita anzitutto il dato testuale.

L'art. 571 c.p.p., comma 1 detta come regola generale quella della facoltà per l'imputato di impugnare personalmente i provvedimenti.

Rispetto ad essa, costituisce una deroga specifica quella prevista attraverso il richiamo all'art. 613 c.p.p., comma 1.

Tale ultima norma disciplina, nella struttura codicistica, in ragione della sua collocazione, il ricorso per cassazione avverso le sentenze o, se si vuole, più in generale, avverso provvedimenti con efficacia definitoria di procedimenti principali e/autonomi. Il predetto articolo impone l'obbligo della rappresentanza tecnica.

Di contro, nel codice di rito, il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse nell'ambito del procedimento in materia cautelare, per sua natura strumentale e incidentale, trova la sua specifica regolamentazione nell'art. 311 c.p.p., il cui testo è rimasto immutato. Esso in vero, non essendo stato esplicitamente inciso dalla riforma, è rimasto nel codice nel testo originale e, conseguentemente, continua a contemplare la facoltà per l'imputato di sottoscrivere personalmente il ricorso, in sintonia, peraltro, con la regola generale di cui all'art. 571 c.p.p., comma 1, sopra richiamata.

5.2 Soccorre poi un ulteriore argomento, di analoga natura, che si salda con il primo.

E' infatti da porre in rilievo come la novella non realizzi un intervento "puntuale", circoscritto a poche norme del codice di rito; essa, al contrario, permea in maniera estesa il tessuto normativo del processo penale, coinvolgendo e riplasmando numerosi istituti.

Risulta, tra l'altro, interessato anche il ricorso per cassazione in materia cautelare, sia pure reale. La citata Legge, art. 1, comma 60, recita infatti: "All'art. 325 c.p.p., comma 3, le parole: "dell'art. 311, commi 3 e 4" sono sostituite dalle seguenti: "dell'art. 311, commi 3, 4 e 5"".

Orbene: o si ipotizza che la novella sia incorsa in un macroscopico difetto di coordinamento, ovvero si deve ritenere che, se il legislatore avesse avuto intenzione di estendere l'obbligo della rappresentanza tecnica anche alla materia cautelare, lo avrebbe previsto espressamente, tenuto conto che, addirittura, si è preoccupato di ritoccare l'art. 325 c.p.p. per coordinarlo con l'art. 311 c.p.p., sicchè non è illogico opinare che non avrebbe esitato a intervenire anche su tale ultima norma per coordinarla, in ipotesi, con il nuovo art. 613 c.p.p..

5.3 Riconosciuto, quindi, il carattere prioritario del canone ermeneutico fornito dall'interpretazione letterale (Sez. U, n. 46588 del 29/09/2016, Schirrru, in motivazione), deve poi osservarsi come non contrasti con tale opzione interpretativa l'ulteriore canone dato dall'interpretazione logica e sistematica.

La sopravvivenza della ricorribilità personale in materia cautelare ben potrebbe trovare la sua ratio nelle peculiarità del relativo procedimento, che involge il diritto fondamentale della libertà personale e che si svolge (si deve svolgere) in tempi molto rapidi.

Invero, se si imponesse a un soggetto, - e si fa riferimento specifico a chi sia sottoposto alla misura di massimo rigore - di dotarsi di un difensore iscritto nell'albo speciale della Corte di cassazione, (il quale, ovviamente, dovrebbe essere disponibile, in appena dieci giorni, ad esaminare gli atti, magari ponderosi, e a predisporre un ricorso, che ben potrebbe essere articolato e complesso), se, in sintesi, gli si vietasse, in tale particolare frangente, la possibilità di autodifesa, indubbiamente si frapporrebbe un ostacolo non di poco momento all'effettivo esercizio del diritto di difesa e, per di più, in una materia, la libertà personale, certamente all'apice dei valori costituzionali (art. 13 Cost.art. 24 Cost.art. 111 Cost., comma 7).

Tale difficoltà viene, solo in parte, mitigata dalla facoltà, riconosciuta dall'art. 311 c.p.p., comma 4, di enunciare nuovi motivi davanti alla Corte di cassazione; invero il vulnus di partenza non è, per ciò solo, scongiurato, atteso che un ricorso, con contestuali motivi, deve pur sempre essere redatto.

La consistenza dell'impedimento si apprezza ancor di più nel caso di ricorso per saltum, rimedio impugnatorio che interviene nella immediatezza della applicazione di una misura cautelare.

6. Tutto ciò premesso, appare evidente la "speciale importanza" della questione sopra illustrata e, dunque, la necessità, ai sensi dell'art. 610 c.p.p., comma 2 di rimetterla all'esame delle Sezioni Unite, atteso che si tratta di fare chiarezza circa l'esatta configurazione dello schema procedimentale del ricorso per cassazione in una materia - quella delle misure cautelari personali particolarmente delicata e rilevante, tanto per la natura della problematica trattata, quanto per il numero dei ricorsi de libertate, quanto infine per la frequenza con la quale essi si presentano all'esame del giudice di legittimità.

7. Al proposito è appena il caso di notare che, benchè l'atto impugnato (l'ordinanza del 25/7/2017) sia anteriore alla data di entrata in vigore della L. n. 103 del 2017, non di meno non può trovare applicazione il principio enucleato da Sez. U. 27614 del 29/3/2007, Lista, Rv 236537, in base al quale, in mancanza di norma transitoria, per individuare il regime applicabile, nel caso di successione di leggi nel tempo, si deve tener presente il momento dell'emanazione dell'atto impugnato e non quello della impugnazione dello stesso; e ciò in base al principio tempus regit actum. Invero, con riferimento alla riforma dell'art. 613 c.p.p., non viene in rilievo la problematica relativa alla individuazione dell'actus cui si riferisce il tempus della novella, quanto la corretta individuazione del soggetto legittimato ad impugnare il provvedimento e tale legittimazione deve, ovviamente, permanere nel momento in cui si propone l'impugnazione stessa.

8. Alla luce delle considerazioni svolte, il ricorso deve essere rimesso alle Sezioni Unite con riferimento alla seguente questione: "se la modifica dell'art. 613 c.p.p., in combinato disposto con quella dell'art. 571 c.p.p., che ha escluso la possibilità di ricorso personale dell'imputato avverso le decisioni di merito, debba essere interpretato estensivamente - e così riguardare anche la preclusione all'impugnativa personale avverso le decisioni cautelari - ovvero se tale soluzione sia da escludere, tenuto conto che l'art. 311 c.p.p., che tale possibilità prevede espressamente, non è stato toccato dalla riforma".

P.Q.M.

Rimette la questione alle Sezioni Unite.

Così deciso in Roma, il 2 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2017


Avv. Francesco Botta

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